Fratelli di strada

<p>Palermo anni '80.</p><p>Le strade del quartiere erano vive. I vicoli stretti risuonavano dei passi veloci dei bambini che inseguivano un pallone sgonfio ignorando il caldo torrido che scioglieva l'asfalto. I balconi delle case uno sull'altro come tessere di un mosaico caotico erano ornati da lenzuola stese e voci di madri che richiamavano i figli per la cena. Era un mondo fatto di contrasti: la povertà che stringeva molte famiglie ma anche la ricchezza di legami e di tradizioni che univano il quartiere.</p><p>In quel caos organizzato c'era un gruppo di ragazzi. Non avevano un nome ufficiale ma tutti li conoscevano come i ragazzi per bene. Un'ironia che faceva sorridere chi conosceva il loro lato nascosto. Erano dieci quindici al massimo ma otto di loro erano inseparabili. Tra questi Giovanni e Salvo erano come fratelli. Cresciuti insieme fin dai primi passi avevano condiviso tutto: dalle prime scazzottate alle promesse fatte sotto il cielo stellato di Palermo.</p><p>La loro vita era scandita dalla routine del quartiere: la scuola per chi ci andava le partite per strada e i piccoli sogni che sembravano così lontani. Eppure qualcosa nell'aria stava cambiando. Il tempo delle corse spensierate stava per lasciare il posto a qualcosa di più oscuro.</p><p>Non c'era un segnale preciso nessuna avvisaglia. Solo quella sensazione sottile nascosta negli sguardi dei più grandi che passavano in motorino nei racconti sommessi degli uomini che sussurravano nomi e segreti. E lentamente i ragazzi avrebbero scoperto che le strade che li avevano cresciuti non offrivano solo giochi e risate ma anche scelte difficili e strade senza ritorno.</p><p>Mentre il sole tramontava oltre i tetti del quartiere un pallone rotolava lento fino a fermarsi contro un muretto. Giovanni lo raccolse guardando gli altri con un sorriso. Era ancora tutto davanti a loro. O almeno così credevano.</p>