Nel capitolo LXXIII di Le mie prigioni Silvio Pellico narra un episodio particolarmente drammatico della sua detenzione. L'11 gennaio 1823 Pellico si sveglia con un mal di testa e una sensazione di debolezza che lo porta quasi al deliquio. Anche il suo compagno di prigionia Oroboni è malato e non riesce ad alzarsi dal letto. Pellico perde i sensi dopo aver assaggiato un cucchiaio di minestra e viene trovato privo di sensi dalla sentinella che allerta immediatamente le autorità. Il medico chiamato d'urgenza constata la gravità della situazione e ordina la rimozione delle catene di Pellico. Nonostante i tentativi di somministrargli un cordiale il suo stomaco non riesce a trattenere nulla e il dolore alla testa peggiora. Il governatore viene informato e decide di non trasferire Pellico in infermeria ma di fornirgli cure adeguate nella sua cella. Nonostante le cure Pellico peggiora e delira per una settimana. Gli infermieri Kral e Kubitzky si prendono cura di lui con dedizione e Kral lo incoraggia a confidare in Dio. Pellico in un momento di lucidità chiede di ricevere i sacramenti e il cappellano delle carceri Sturm viene chiamato. Pellico si confessa comunica e riceve l'olio santo trovando conforto nelle parole del sacerdote che lo invita a riflettere sulla giustizia divina l'ingiustizia umana e il dovere del perdono. Le riflessioni di Sturm caratterizzate da un'intelligenza elevata e un sincero amore per Dio e il prossimo offrono a Pellico un momento di pace spirituale in mezzo alla sofferenza.
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